Alzi la mano a chi non è mai venuta voglia, anche solo per curiosità, di buttarsi in centro a Milano per fare un giro nelle notissime vie Montenapoleone e della Spiga: tra vetrine dei nomi noti, oggetti di lusso e abiti da capogiro ci si sente delle vere e proprie dive solo nel poter calpestare le mattonelle della strada.
Beh, è successo anche a me: una tranquilla domenica casalinga, un timido sole, la voglia di godersi l’aria aperta..ed eccomi catapultata nella capitale della moda e soprattutto tra le vetrine più invidiate nel mondo.
Passeggiavo distrattamente e con occhi brillanti per i luccichii emanati da quegli abiti capolavoro e quegli accessori dalle forme più originali, che mi sono trovata di fronte al noto Palazzo Morando; ad incuriosirmi però è stato il cartello che lo sovrastava: “Mostra Milano moda per il sociale”.
In men che non si dica sono entrata e, ad accogliermi, non ho trovato commessi compiacenti o signorine sorridenti e perfette ma tre donne vincenti che hanno saputo creare, grazie alla loro squadra ed alla voglia di costruire un nuovo mondo in cui è l’integrazione delle differenze a fare da padrona, tre vere e proprie sartorie artigianali di alta moda dove trovano spazio lavoratori e lavoratrici provenienti da paesi esteri o con storie di detenzione alle spalle.
Due giorni, il 28 e 29 ottobre, in cui Palazzo Morando ha ospitato questa mostra unica nel suo genere, organizzata da Fondazione Bracco grazie al progetto “Oltre i margini” e patrocinata dal comune di Milano e dalla Camera Nazionale della moda italiana.
In Italia le sartorie sociali sono una realtà di crescente importanza e “Fiori all’occhiello” di Baranzate, “Il gelso” di Torino e “Sanvittore” di Milano ne sono la lampante dimostrazione: tecniche originali, tessuti innovativi, abiti alla moda che vengono rigorosamente prodotti a mano con ottime finiture. Le tre realtà, che si occupano del reinserimento nel mondo del lavoro o di integrazione, sono ormai ben note e consolidate e possono vantare alle spalle modellisti e sarti.
“Abbiamo voluto portare la periferia al centro e dimostrare che anch’essa può arricchire un quartiere al quale parrebbe non mancare nulla” ha affermato Samantha Lentini di “Fiori all’occhiello”.
“Faremo arrivare direttamente il tessuto prodotto e tinto dalla Burkina Faso, il noto Bogolan che sarà fondamentale per la nostra collezione Jam Fashion che abbiamo lanciato proprio qui e che prevede la valorizzazione dei territori e delle risorse dell’Africa” ha spiegato la referente del “Gelso”.
“Abbiamo un successo elevato- ha spiegato la rappresentante della “cooperativa Alice”, attiva da 25 anni all’interno del carcere di San Vittore- di circa 300 donne che abbiamo formato solo tre sono state carcerate nuovamente, le altre lavorano o hanno addirittura aperto una loro attività”.
Lascio Palazzo Morando con gioia perché oggi la mia passeggiata nel lusso mi ha resa più ricca non di abiti, ma di umanità.